vengo dall’Italia. Da piccola ho trascorso un periodo in affidamento di 8 anni, in 4 diverse famiglie (2 famiglie erano miei parenti). Ho avuto la mia prima figlia a 25 anni e la seconda a 29. 

Cosa significa per te essere genitore? O come descriveresti l’essere genitore? 

Per me essere genitore vuol dire fare crescere con amore i miei figli. Questo è il fulcro del del mio essere genitore. I miei genitori con me hanno avuto delle mancanze, quindi so cosa voglio e cosa non voglio per i miei figli. 

Pensi che le esperienze vissute nel corso dell’infanzia influenzino il tuo modo di essere genitore?  

Le mie esperienze di crescita mi hanno donato più sensibilità e più determinazione.  

Le esperienze negative hanno influenzato la mia vita, ma ho cercato di trarre il buono anche da esse; per esempio oltre a non ripetere l’esempio di mia madre, ho capito, con il passare del tempo e l’elaborazione del mio vissuto, che aveva bisogno di essere aiutata e non allontanata. Pertanto, oltre ad essere concluso il circolo vizioso nel quale sarei potuta incombered, c’è stata una rinascita, un nuovo inizio. 

Inoltre ho avuto la possibilità di avere esempi molto positive che cerco di trasmettere alle mie figlie. Ad esempio i miei affidatari mi hanno dato tanto, anche semplicemente il fatto di leggere, cosa che nella mia famiglia naturale non facevo, l’ho trasmesso alle mie bambine. 

Quale sostegno ricevi o hai ricevuto da professionisti nel tuo ruolo di genitore? 

Io ho concluso a ventuno anni il supporto psicologico dei professionisti dai servizi sociali e poi non ho più ricevuto né avuto bisogno di chiedere aiuto. Mi sono affidata molto alla puericultrice quando sono nate le mie bambine, che sarebbe l’ostetrica dell’Asl con la quale ho fatto il corso pre-parto e del quale ho sentito il bisogno di farlo sia con la prima che con la seconda, per una questione di sicurezza. E l’ostetrica ti accompagna, qualsiasi sia il genitore, sia che abbia avuto delle mancanze, sia che abbia una famiglia splendida alle spalle. C’è la possibilità di incontrarla settimanalmente a pesarla, dà qualche consiglio sull’allattamento… Questo mi è stato di grande aiuto, soprattutto non avendo la mamma. 

Quale sostegno ricevi o hai ricevuto da amici, familiari o persone della comunità? 

I miei affidatari sono sempre stati sono sempre stati disponibili e non invadenti. Erano delle persone sulle quali io potevo contare. E ancora oggi è così. Se io ho bisogno, loro ci sono. È morta la mia nonna e la mamma affidataria si è resa subito disponibile per tenere le bambine, mentre il suo compagno mi è stato a fianco durante la celebrazione del funerale. Sono persone che alle quali non chiedi e loro sanno di esserci sempre. Se ho un problema loro sono un riferimento. Uno ha i genitori, io ho gli affidatari. 

Guardando indietro, che cosa è stato utile o meno rispetto al tuo ruolo di genitore?  

La cosa più utile dei miei anni di affido sono stati i tre anni con questa famiglia. Utile nel senso che mi hanno proprio cambiato la visione della vita. Nel senso che sono sempre stata una persona positiva, solare, che nonostante quello che c’era in casa, quando uscivo non c’era più. In quella famiglia mi hanno proprio permesso di capire cosa vuol dire vivere una vita familiare bella. Quindi come essere un educatore, senza mai dirmi «si fa così», ma guardando il loro esempio. Credo che se non fossi andata in affido avrei rifatto quello che ha fatto mia mamma con me, quindi avrei alzato le mani, sarei stata violenta. Quando io penso a loro e ricordo un film che ho visto, in cui c’era un maestro che aveva capito che uno dei suoi alunni aveva dei problemi in famiglia, ma che era estremamente intelligente. Questo professore cerca di aiutare lui e la sua mamma e il bambino alla fine lo ringrazia. Il maestro però gli dice che adesso deve essere lui a passare il favore. E io mi sento un po così adesso, di dover essere io a passare il favore, perché a me è stata data questa grande opportunità e mi è stato fatto un grande favore. 

Quale sostegno/aiuto avresti volute/vorresti?  

A 21 anni si conclude la possibilità di avere il supporto psicologico. Per me era una coccola, quindi io ancora oggi vorrei tutte le settimane poter andare dallo psicologo, sedermi e raccontare qualsiasi cosa, perché è un momento per me. Vorrei che per noi persone state in affido ci fosse questa possibilità di avere questo supporto. Non lo so se è perché siamo più fragili, forse non è vero che siamo più fragili, perché ognuno nella sua famiglia ha qualche problema. Però io vorrei che tutti avessero la possibilità di avere lo psicologo come c’è il medico di base. 

Quali consigli daresti a professionisti, organizzazioni o governi per rendere la genitorialità un’esperienza positiva per i futuri giovani con esperienza “fuori famiglia”? 

La prima cosa è certamente il supporto psicologico, avere la possibilità di avere un un professionista competente, che posso scegliere io, di cui conosco il valore. Questo perché è importante sapere che qualcuno può supportarti, oltre alla famiglia affidataria. Tutti abbiamo a volte delle difficoltà che facciamo fatica a superare da soli e potremmo averne bisogno. 

Poi a livello economico, io se non avessi avuto il mio compagno che ha una una sicurezza economica, sarei partita svantaggiata. Io sono venuta via di casa senza neanche 1€, sono andata al lavoro e avevo quello che guadagnavo e dovevo arrangiarmi da sola. Il mio compagno aveva qualcosa in più e quindi è stata una sicurezza per noi, però non è per tutti così, quindi anche un sostegno economico. Come l’aiuto che ti possono dare i tuoi genitori, un piccolo aiuto. Quello che magari non sono riusciti a darti loro, lo stato potrebbe dartelo.  

il suo blog fa parte della nostra conferenza ExChange, “Ci vuole un villaggio: prospettive globali sui genitori con esperienza nella cura”

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