vengo dall’Italia ma ho origini Rumene. Da piccola ho trascorso un periodo in comunità di 5 anni. Ho avuto mia figlia a 27 anni. 

Cosa significa per te essere genitore? O come descriveresti l’essere genitore? 

Da un lato c’è il lato positivo di cercare di rivivere un’infanzia che è mancata. Tramite lei vivi i momenti di gioia, di tutto. Dall’altro hai la responsabilità di un essere umano, di offrigli un ambiente positivo, in quanto la sua crescita dipende da te. E quindi prima sei invincibile, ad un certo punto alcune volte sei invisibile in tutto e dappertutto. È come se tu ti chiudessi in una scatola, nella tua casa. All’inizio è tutto bello, la gravidanza, inizi un percorso, tutti ti sono vicini, tutti ti danno consigli. Poi c’è il momento dove nasce la bambina ed è tutto bello di nuovo. Poi, dal secondo mese in poi, se non hai il giusto aiuto è difficile. Si allontanano anche le amicizie e tutta la cerchia che avevi intorno, perché la tua attenzione va sul bambino. Quindi è vero che trovi altri genitori che hanno i bambini con l’età di tuo figlio e cerchi comunque di condividere le cose. Però succede che anche involontariamente ti chiudi e ti concentri solo su di lei. 

Pensi che le esperienze vissute nel corso dell’infanzia influenzino il tuo modo di essere genitore?  

Mi rendo conto che da un lato sono molto severa, perché non vorrei fare gli stessi sbagli dei miei genitori. Questa severità è rivolta anche a me stessa, nel senso che non le voglio dar troppo, se no può capire che il mio affetto glielo dimostro con un giocattolo, con le cose, come ha fatto mia madre con me per tanti anni e che continua ancora a fare con mia figlia. Però per il resto penso di avere un equilibrio abbastanza buono e credo che essere stata in comunità, essere stata ascoltata, accolta, parlare molto, sia fondamentale. Ho capito l’importanza di ascoltare, capire il perché e cercare una soluzione insieme. 

Quale sostegno ricevi o hai ricevuto da professionisti nel tuo ruolo di genitore? 

Io per fortuna ho fatto un bel percorso pre parto, poi ho continuato a fare terapia psicologica ed è stato fondamentale. Ho lavorato su me stessa come mamma e anche sul rapporto che mia mamma aveva con mia figlia, perché era come se lei volesse farle da madre, quindi a me dava fastidio. Perché comunque anche in generale la stanchezza, gli ormoni, tutto il cambiamento interno, escono fuori e quindi ci vuole veramente l’equilibrio di cercare di mantenere tutto, ed è dura. Poi crescendo le esigenze sono altre e mentre trovi un equilibrio ne perdi un altro. 

Quale sostegno ricevi o hai ricevuto da amici, familiari o persone della comunità? 

All’inizio ho ricevuto sostegno, oggi che mia figlia ha un anno e nove mesi, no. A parte i familiari, ovviamente nelle loro possibilità. Solo una coppia di amici abbiamo avuto accanto sempre, nelle difficoltà, se è successo qualcosa, però nessuno è mai venuto a dire “ti tengo la bimba, vai a mangiare una pizza con il tuo compagno”. 

Quali consigli daresti a professionisti, organizzazioni o governi per rendere la genitorialità un’esperienza positiva per i futuri giovani con esperienza “fuori famiglia”? 

Bisognerebbe lavorare anche prima di diventare genitori, nelle comunità, per ragionare sulla scelta di diventare genitori, perché se è una scelta consapevole, vivi diversamente la gravidanza e l’arrivo del bambino. Quando si scopre di diventare genitori, bisognerebbe avere dei buoni percorsi pre-parto che aiutino a capire cosa ci aspetta dopo il parto. 

Sarebbe poi importante far conoscere le opportunità già presenti per i genitori, perché tante persone non le conoscono. Sarebbe importante anche avere supporto psicologico gratuito e maggiore presenza degli assistenti sociali. 

Sul piano educativo, sarebbe importante avere più asili nido, più organizzati e più qualificati, con più personale. 

E ci dovrebbero essere più agevolazioni per i genitori, sia prima, che durante, che dopo la gravidanza e sarebbe importante sostenere il lavoro delle madri. Penso che le istituzioni in generale debbano supportare maggiormente i genitori, ma non solo care leavers. Intraprendere questo viaggio è una cosa bella, ma c’è tanta responsabilità, è molto complesso.  

Este blog es parte de nuestra conferencia ExChange, “Se necesita un pueblo: Perspectivas globales sobre padres con experiencia en cuidados”

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